RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Bolzaneto, chiesti 76 anni di carcere

Genova, 12 marzo 2008

Bolzaneto, chiesti 76 anni di carcere
Dura requisitoria dei pm contro 45 fra poliziotti, carabinieri e medici

Una condanna complessiva a 76 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione. Una pena che, anche se confermata dai giudici del Tribunale, sarà radicalmente prosciugata dall'indulto e cancellata, in massima parte nel gennaio dell'anno prossimo, per la prescrizione dei reati. Ma tant'è. 
A sei anni e otto mesi dai reati commessi nella caserma di Bolzaneto durante il G8 genovese, i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno pronunciato ieri le loro richieste di condanna nell'aula bunker del Palazzo di Giustizia genovese affollata come non si vedeva dalle prime battute del processo. Quarantacinque gli imputati, per uno did esse, Giuseppe Fornasiere, uno dei due responsabili dell'ufficio matricola, sono stati gli stessi pm a chiedere l'assoluzione "per non aver commesso il fatto", per gli altri 44 pene comprese tra i 5 anni 8 mesi e 5 giorni di reclusione chiesti per Antonio Biagio Gugliotta, all'epoca dei fatti ispettore della polizia penitenziaria e responsabile della sicurezza della caserma, accusato di abuso di ufficio e abuso di autorità contro i detenuti, ai sei mesi chiesti per la poliziotta Diana Mancini, imputata per abuso di autorità.
Ma, al di là delle pene che i pm hanno potuto richiedere, «a Bolzaneto si consumarono fatti di estrema gravità». E su questo punto Petruzziello e Ranieri Miniati hanno insistito a più riprese. «In quei giorni - ha sottolineato Patrizia Petruzziello - vi è stata una pluralità di comportamenti vessatori non contingenti, ma perduranti». «Vi è stata quindi una volontà diretta di vessare le persone ristrette nel sito, e lederle nei loro diritti fondamentali proprio per quello che rappresentavano (tutti appartenenti all'area "no global" e partecipanti alle manifestazioni e ai cortei contro il vertice del G8). In quei giorni - ha aggiunto - si sono verificati comportamenti nei rapporti tra le Forze dell'ordine e i cittadini italiani e stranieri che difficilmente potranno essere dimenticati. I capi e i vertici di quella caserma hanno permesso che si verificasse una grave compromissione dei diritti delle persone, perchéè questo ciò che il processo ha provato essere accaduto. Non c'è emergenza che possa giustificare quello che è accaduto».
Inoltre, secondo i pm, gli imputati, quasi tutti appartenenti alle forze dell'ordine, si sono resi colpevoli di un doppio tradimento: erano coloro che avrebbero dovuto garantire il rispetto della legge, sono coloro che hanno "peccato". «Il doppio tradimento - hanno specificato - consiste nella violazione dei doveri nei confronti della funzione, in quanto hanno tradito la fiducia della collettività, dall'altro per la violazione dei doveri nei confronti dei corpi di appartenenza».
E allora ecco le richieste di pena. La più pesante proprio per l'ispettore Gugliotta, accusato di abuso d'ufficio e abuso di autorità sui detenuti. I pm hanno parlato di reati riportabili a quelle che la Corte europea per i diritti dell'uomo definisce "torture", reato senza prescrizione per il quale si possono comminare pene fino a dieci anni, che però non è previsto dal codice penale italiano. Così per Gugliotta la richiesta è di 5 anni, 8 mesi e 5 giorni. Altre pene pesanti (tre anni e sei mesi) sono state chieste per Alessandro Perugini, all'epoca numero due della Digos di Genova e funzionario col grado più alto nella struttura di Bolzaneto, per il commissario Anna Poggi, e il generale della polizia penitenziaria Oronzo Doria e per gli ufficiali di custodia Ernesto Cimino e Bruno Pelliccia.
Particolarmente grave per i pubblici ministeri anche la posizione dei medici. «I reati d'abuso contestati ai medici dell'infermeria - ha illustrato Petruzziello - sono stati considerati di uguale gravità rispetto agli abusi contestati alle forze dell'ordine e ciò perché se da un lato le condotte di reato accadute nell'infermeria sono caratterizzate da una minore violenza fisica, dall'altro lato sono state molto più pesanti come vessazioni morali. Per i medici sarebbe stato più facile, e se possibile più doveroso, prendere le distanze dal clima generale di vessazione». E così per il dottor Giacomo Toccafondi, il coordinatore, accusato di abuso di atti d'ufficio e di diversi episodi di percosse, ingiurie e violenza privata,sono stati chiesti 3 anni, 6 mesi e 25 giorni, appena inferiori le condanne sollecitate per gli altri medici. 
Particolarmente pesante la condanna chiesta nei confronti di Massimo Pigozzi, il poliziotto accusato di lesioni personali per l' episodio dello "strappo" alla mano subita dal manifestante Giuseppe Azzolina, poi suturata senza anestesia. I pm hanno chiesto la pena di 3 anni e 11 mesi di reclusione. «Una richiesta che giudico scarsamente obiettiva e che tradisce la stravaganza delle richieste - ha commentato il suo difensore, Nicola Scodnik - in quanto riservata ad un soggetto che non è mai stato in servizio a Bolzaneto, ma vi ha solo fatto una sosta di dieci minuti». Ora la parola è agli avvocati di parte civile per le richieste di risarcimento danni.
Isabella Villa


La sinistra: «Questo Stato non prevede il reato di tortura» - le reazioni
Critici nei confronti dei magistrati i sindacati di polizia: «Tutto fa pensare a una giustizia a senso unico»

«Ora anche l'Italia deve riconoscere il reato di tortura». Un coro pressoché unanime si leva dalla sinistra dopo le richieste di pena presentate dai sostituti procuratori di Genova, Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati, per i fatti che si verificarono nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova. Secondo i pm, ci furono comportamenti inumani e vessatori, ma al massimo è stato possibile contestare l'abuso d'ufficio. «È necessario che il prossimo Parlamento metta tra le sue priorità l'approvazione del provvedimento che introduce il reato di tortura in Italia», sottolinea Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione "Antigone" che si batte per i diritti nelle carceri. «La proposta di legge -ricorda - è stata approvata alla Camera nel dicembre 2006 e licenziata dalla commissione giustizia del Senato nel luglio 2007. 
Avrebbe dovuto approdare in aula nei giorni della crisi ma è stata lasciata morire. Eppure si tratta di un disegno di legge rapido da approvare perchéè la semplice traduzione della definizione di tortura presente nella Convenzione Onu del 1984 che l'Italia ha già ratificato». 
Sulla stessa lunghezza d'onda Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa social forum ai tempi del G8. «Al dramma per le violenze che si consumarono a Bolzaneto si aggiunge la beffa - afferma - dall'84 al 2001 i governi italiani non hanno trovato né il tempo né la volontà per recepire nella legislazione italiana quanto previsto dalla Convenzione Onu contro la tortura». Torna anche la richiesta di commissione parlamentare d'inchiesta. A sollevarla sono il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena, e la senatrice Haidi Gaggio Giuliani (Sinistra Arcobaleno), madre di Carlo ucciso da un carabiniere a piazza Alimonda, proprio durante il G8. «La gravità delle accuse contestate alle forze dell'ordine e a tutti i responsabili delle violenze fisiche e psicologiche inflitte a Bolzaneto, dimostra, una volta di più, la necessità di indagare più a fondo su tutta la gestione complessiva delle giornate del G8 genovese», sostiene. A difesa degli imputati si levano le voci dei due maggiori sindacati di polizia penitenziaria, Sappe e Osapp. «Le richieste di condanna fanno pensare a una giustizia a senso unico - afferma Leo Beneduci, Osapp - per cui eventuali responsabilità vengono attribuite, come sempre, agli ultimi». Il sindacato di polizia Siulp sottolinea invece che «tali responsabilità vanno ad inquadrarsi nel contesto più ampio di una azione di polizia a difesa dell'integrità dei cittadini di Genova, messa a repentaglio durante il G8 da migliaia di facinorosi».

I. Vi.